Il gioco con premi in denaro, vituperato ovunque, resiste ancora
Dopo anni di regolamentazione il gioco con premi in denaro in tutta Europa ora viene limitato fino ad essere bandito.
Divieto di pubblicità, maldicenze dell’opinione pubblica, ostacoli all’eccesso al credito per le aziende di gestione che subiscono limitazioni di ogni genere, è questo il quadro che contraddistingue lo stato del gioco legalizzato dai Governi stessi. Sul settore del gioco legale piovono accuse di ogni genere: Untore della dipendenza, contiguità con la criminalità, utenti che sperperano intere ricchezze e altri che rovinano le loro famiglie, oltre altre maldicenze che è meglio non citare, ora con il Covid 19 le aziende vengono costrette a gestire i giochi rispettando normative che in realtà ne impediscono la pratica. Gli Stati che l’hanno voluto e legalizzato e ne hanno tratti importanti introiti erariali ora, per andare dietro al populismo e altri interessi elettorali lo ostacolano con la conseguenza che i giocatori ricorrono al gioco illegale.
Tutta l’Europa contro il gioco legale.
L’Italia, tra gli ultimi europei a regolamentare il gioco con premi in denaro, non è l’unica ad imporre limitazioni perché anche in Paesi che da decenni l’hanno regolamentato ora mettono in discussione le norme emanate dai loro Governi. L’avversione al gioco sembra causare il cosiddetto “effetto domino” perché addirittura il Regno Unito, che da decenni era ritenuto un esempio tra i Paesi in cui il gioco si svolgeva nella massima legalità e correttezza, sta ora subendo pressioni negative da parte dell’opinione pubblica e dei media con netta riduzione delle prestazioni del settore e messa a rischio della sopravvivenza soprattutto delle aziende di piccolo e medio calibro. Anche in Svezia sono subentrate limitazioni con tensioni tra l’industria e i politici, e in Spagna il Governo ha dichiarato guerra al settore, ma seguono tanti altri Paesi e perfino la ricca Germania ha applicato norme che rendono insostenibile la gestione di una impresa del trattenimento.
Alcuni incolpano l’Industria che avrebbe solo perseguito i propri interessi al fine di accumulare guadagni e commesso molti eccessi ma, se si osservano i fatti oggettivamente, quelle che molti chiamano storture o eccessi non sono altro che l’effetto dell’avanzata della tecnologia che ha consentito di produrre giochi molto particolari, peraltro richiesti dagli stessi giocatori, che la politica ha permessi e omologati e, d’altro canto, se un’azienda voleva competere ad armi pari con la concorrenza doveva obbligatoriamente acquistarli perché il gioco online, ad esempio, ha sempre offerto giochi altamente tecnologici che nessun Governo aveva ed ha il diritto di vietare.
Tuttavia il Gioco resiste ad ogni ostacolo
Nonostante tutto, però, l’industria dei giochi è sempre molto attiva e resta l’unico baluardo contro l’illegalità e questo fa comodo ai legislatori perché la criminalità non è una esclusiva dell’Italia, anzi esiste in forma consistente anche in altri Paesi. In Italia i rapporti tra gli ultimi Governi e l’industria dei giochi sono stati molto difficili e anche l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha riconosciuto le difficoltà di gestire le dinamiche che il gioco può produrre. Nel Regno Unito si sta lavorando per ricucire un sano rapporto con lo Stato perché è indubbio che, contro ogni previsione, negli anni passati il settore è stato fortemente controllato dimostrando che il comparto può essere gestito in modo sano per evitare la caduta nelle mani della criminalità perché, volenti o nolenti, gli appassionati di gioco non ci rinunceranno e non sono pochi. I Tribunali, le varie Corti e la stessa Politica poco hanno potuto contro la pratica del gioco, come dimostra l’impossibilità di vietare il gioco Online in tempi che le società sono tutte interconnesse. Una Politica intelligente non dovrebbe vietare, ma controllare e gestire questa attività che, oltre a contribuire con pesanti entrate fiscali, se venisse vietata porterebbe completamente fuori controllo le aziende e determinerebbe danni economici e di sicurezza.
Massimo Ranalli
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