Concorrenza sleale nelle sale giochi. La parola alla Cassazione

Concorrenza sleale nelle sale giochi. La parola alla Cassazione

Due società di gestione di sale Bingo hanno citato in giudizio una società concorrente accusandola di sviamento della clientela attraverso i comportamenti di alcuni suoi dipendenti.

L’accusa era quella i promettere premi e altri vantaggi per convincere i clienti e giocare nella sala cui erano impiegati e aggiungevano dichiarazioni denigratorie che causavano perdite economiche e danni alla reputazione della sala concorrente. Il Tribunale di primo grado aveva rigettato le richieste, ritenendo che non vi fosse prova sufficiente di concorrenza sleale. Ma la Corte d’Appello di Catania ha riconosciuto le natura sleale delle condotte, ma non ha accertato il danno economico. La vicenda è giunta alla Cassazione che ha esaminato le questione giuridica.

Responsabilità dei dipendenti

La società accusata ha contestato la responsabilità per le azioni dei suoi dipendenti sostenendo che non aveva dato mandato ai dipendenti di agire in modo illegale e che le condotte non erano avvenute durante il rapporto di lavoro, ma erano state iniziative private. La Corte ha rigettato questa tesi e ha ribadito che l’articolo 2049 C.C.. configura una responsabilità oggettiva del datore del lavoro per gli illeciti dei dipendenti, purché compiuti in occasione del rapporto di lavoro. Non è necessario un incarico esplicito, ma è sufficiente che le mansioni svolte abbiano agevolato l’illecito. Quindi la Cassazione ha respinto il ricorso principale della società accusata. Confermando la responsabilità per concorrenza sleale. Allo stesso tempo ha accolto parzialmente il ricorso incidentale della società danneggiata, ordinando alla Corte d’Appello di riesaminare il caso in merito al danno patrimoniale, tenendo conto dei principi di presunzione e della possibilità di ricorrere alla stima equitaria. In queste vicende che riguardano la responsabilità del datore di lavoro, le legge stabilisce che il datore di lavoro risponde degli illeciti dei dipendenti anche senza mandato se le condotte sono volte allo sviamento della clientela e se le intenzioni lesive rientrano nella fattispecie prevista dall’articolo 2598 c.cc. In quanto alla prova del danno patrimoniale può essere dimostrato attraverso presunzione e non richiede necessariamente una documentazione diretta. La vicenda è un caso emblematico di come la concorrenza sleale viene interpretata e sanzionata nei tribunali italiani.

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