Il TAR del Lazio respinge in parte i ricorsi contro la tassa dei 500 milioni
Il Tar ha ritenuta inutile la richiesta di sollevare i concessionari dalla tassa dei 500 milioni perché sarebbe stata applicata un solo anno.
Il TAR del Lazio ha ritenuto in parte improcedibili e in parte ha respinto i due ricorsi contro la tassa dei 500 milioni che venne introdotta con la legge di stabilità 2015 che colpiva tutta la filiera degli apparecchi da intrattenimento. Alcuni gestori si rifiutarono di pagare, infatti a oggi solo 130 milioni sono stati versati. Poi la famigerata tassa venne cancellata l’anno successivo, ma i Concessionari s’erano già rivolti al Tar del Lazio e ottenuto il rinvio alla Corte Costituzionale che aveva rinviato la documentazione al Tar stesso perché stabilisse se ci fssero dubbi di legittimità in quanto per la Consulta era mutato il presupposto della manifesta infondatezza delle questioni di illegittimità.
La palla torna al Tar che motiva la recente sentenza
Partendo dell’esigenza dello Stato di reperire fondi a fronte della perdurante crisi finanziaria e dalla necessità di un maggiore concorso alla finanza pubblica da parte del settore dei giochi con premi in denaro, il TAR ha addotto diverse motivazioni e respinto i ricorsi. Noi vi faremo una panoramica abbreviata delle considerazioni espresse dal Tribunale Regionale:
La Sezione ha constatato che “L’incidenza del versamento imposto non fosse ictu oculi violativo del principio di proporzionalità e quindi non era stato violato nemmeno il legittimo affidamento.
Inoltre si legge nella sentenza che Il prelievo de quo è limitato al solo anno 2015 e non sussiste neppure la lamentata violazione della libertà di iniziativa economica perché l’attività viene data in concessione dallo Stato che può incidere sui rapporti con i soggetti privati”.
Poi con riferimento ai dati del conto economico 2014 ha affermato “Il versamento imposto al ricorrente, pur costituendo un significativo taglio alla sua capacità di reddito, non appare tale da violare il principio di proporzionalità”. E ribadisce che comunque il prelievo, essendo circoscritto a un solo anno, non crea danni irreversibili alle aziende e che non vi è alcuna prova che, a fronte della misura contestata, non siano state adottate altre dirette nei confronti di altri settori.
Per addolcire la pillola il Tribunale Regionale ha quindi concluso che “Proprio in ragione di quanto sinora rilevato, la norma in esame, soprattutto a seguito della limitazione dell’ambito temporale di applicazione, non appare in contrasto neppure con il diritto dell’Unione Europea”.
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