Tabaccai di Bergamo all’attacco sul regolamento mentre lo Stato incassa il Preu
La Federazione Italiana Tabaccai di Bergamo ha impugnato il regolamento dei Comuni sui giochi mentre la Banca d’Italia inserisce la raccolta nel computo delle imposte in riscossione.
La proverbiale “goccia cha ha fatto traboccare il vaso” nel bergamasco sono state le misure anti azzardo che 16 Comuni su 18 della provincia di Bergamo hanno approvato. Parliamo del divieto del gioco dalle ore 12.30 e le 14.00 e dalle 23.00 alle 10.00, che comprende anche i Gratta e Vinci e il 10eLotto che in un precedente ricorso erano stati esclusi.
Il Commissario della Federazione Emanuele Marinoni ha affermato: “Siamo concessionari statali, e ci troviamo nella situazione paradossale di essere passibili di multa dai Comuni se in determinati orari facciamo giocare al 10eLotto o vendiamo i Gratta e Vinci. Non comprendiamo queste limitazioni applicate alle tabaccherie che sono i posti più controllati e sicuri dove le persone possono fare giochi leciti. Al minimo sgarro noi perdiamo la concessione”.
Ora la questione è nelle mani del Tar di Brescia dove la Fit ha presentato ricorso contro i 16 Comuni che hanno approvato il regolamento, ma la Federazione chiede anche ai parlamentari che la questione venga regolata a livello nazionale.
Slot, Scommesse e 10eLotto entrano nel rapporto annuale della Banca D’Italia
Non ci stupiamo più di tanto dei paradossi che contraddistinguono la gestione della Politica in Italia perché da decenni andiamo avanti alla cieca eppure continuiamo a votare personaggi non adatti a svolgere mansioni politiche ragionevoli a favore del popolo perché entrano in politica solo ed esclusivamente per fare i loro interessi o acquisire voti. Eppure questa storia ci richiama alla mente i tempi non troppo lontani quando nel budget dello Stato erano previste “Le rimesse dei lavoratori espatriati” per chiudere la famosa Finanziaria, i quali erano carne da macello e non è stato mai riconosciuto loro alcun merito. Una sorta di destino crudele accomuna gli italiani espatriati agli attuali gestori di apparecchi e sistemi del gioco legale che vengono emarginati se non addirittura discriminati perché nella recente relazione annuale per il 2018 della Banca d’Italia presentata dal governatore Ignazio Visco emerge l’importanza delle entrate fiscali prodotte dai giochi. Nell’appendice della relazione si apprende che nel 2018 la tassazione è passata dal 19,6 per cento rispettivamente per gli apparecchi AWP e VLT al 19,25 e 6, 25 per cento, poi ancora dal 1mo maggio 2019 dal 19,6 e al 6,65 per cento e a fine al primo gennaio 2020 arriverà al 19,68 e al 6,68 per cento. Con la legge del 28 marzo 2019 n. 26 l’aumento per le AWP è stato portato da 1,35 a 2 punti percentuale, mentre la percentuale minima delle vincite è stata ridotta dal 70 al 68 per cento per le AWP e dall’85 all’84 per cento per VLT. Queste sono le quote in percentuale che pagano le aziende di gestione per l’acconto sul PREU. La ritenuta sulle vincite del 10eLotto è passata dall’8 all’11 per cento, mentre per i giochi d’abilità a distanza con vincita in denaro e per il Bingo a distanza l’aliquota passa dal 20 al 25 per cento. La base di riferimento del calcolo fa capo agli indici dei prezzi al consumo (NIC-Foi e Ipca) riferita alla struttura dei consumi delle famiglie nella media dell’anno precedente. Non vogliamo annoiarvi con dati e numeri, ma facendo quattro calcoli si capisce che il tanto vituperato gioco legale, di qualsiasi genere, ha fornito allo Stato un sostanzioso sostegno fiscale pur non restituendo la giusta quota ai giocatori e ha ridotto notevolmente gli utili delle imprese. Se le Amministrazioni locali sono state escluse da una parte dei proventi risultanti dai giochi e i soldi sono andati tutti a Roma, non è certo colpa degli operatori legali e allora “cosa volete dai gestori di giochi che oltre a far divertire i cittadini hanno pagato e continuano a pagare fior di tasse?”.
Massimo Ranalli
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