Se mancano le tasse sui giochi, la Manovrina va a farsi friggere
Le allarmanti notizie sul netto calo delle entrate fiscali prodotte dai giochi pubblici compromettono i conti dello Stato.
Manovre, contro manovre, manovra Bis o Ter e il riordino dei giochi nulla hanno potuto contro la dura realtà dei numeri che mostrano un importante calo delle entrate fiscali che il Governo aveva preventivato per pareggiare i conti pubblici.
Se è vero, e non abbiamo ragione di dubitare, che il Fisco italiano ha chiuso il primo semestre 2017 con un -1.1% delle entrate dei giochi pubblici, e che anche il recente ulteriore rincaro della tassazione dei giochi ha peggiorato i conti, si riconferma la regola universale secondo la quale più le tasse aumentano, più si riducono i consumi. Ora si aspettano i risultati del secondo semestre, ma l’esito dell’Intesa tra Stato e Regioni non fa presagire granché di buono.
Le promesse fatte a Bruxelles in bilico
Se i 10 miliardi che forniscono i giochi, con i quali lo Stato sperava di accontentare i burocrati di Bruxelles, diventassero 9 oppure 8, anche l’imprevisto aumento del PIL non potrebbe tappare la falla che si creerebbe nel bilancio e il pessimismo che è nato nell’industria dall’esito della Conferenza Unificata, oltre che la prevista riduzione del 30% delle slot, non fanno pensare ad una rivitalizzazione del gioco per soldi, senza dire della disoccupazione che consegue a tali provvedimenti.
Lo stesso On. Baretta ha ultimamente riconosciuto che l’equazione “meno slot- uguali entrate fiscali” è stata una teoria azzardata perché i dati numerici palesano che negli ultimi dieci anni i giochi pubblici non avevano mai subito un tale calo di popolarità. Come vorrà lo Stato sbrogliare la matassa non sappiamo, a meno che non ricorra ancora una volta ad un ulteriore aumento del Preu o riduzione dei premi pagati ai giocatori, cosa che porterebbe al collasso completo del comparto.
Governo, Enti locali, No Slot e l’Industria costretti a portare in porto la barca
Non vogliamo usare gli stereotipi dell’italianità con affermazioni del tipo “Cambiare tutto per non Cambiare niente”, ma nel caso specifico un po’ di cinismo può servire a far capire a tutti che la coperta è corta e solo se le parti si accostano potranno godere del caldo che offre il letto. L’Intesa certo è ormai protocollata, ma con un piccolo sforzo di buona volontà le Regioni potranno smussare gli angoli più spigolosi sulla distribuzione del gioco legale, l’Industria dovrà rassegnarsi ad attuare profondi cambiamenti e il Governo non potrà cantare vittoria, ma accontentarsi di una tassazione sopportabile per le aziende. I No Slot dovranno prendere coscienza dello stato dei fatti e, pur mantenendo la loro pressione su temi come la tutela della salute dei cittadini, la lotta alla dipendenza e sulla sicurezza, dovranno ammorbidire le loro richieste perché, se il gioco legale che loro chiamano “D’azzardo” finisce nel secchio dei rifiuti, quello “Illegale” si moltiplicherà e tutte le garanzie che loro vorrebbero, seppure giustificate, resteranno pii desideri.
Le rivoluzioni radicali non hanno mai dato esiti positivi immediati, anzi spesso i vecchi sistemi sono stati restaurati. Non basta una Intesa tra Stato-Regioni per portare il gioco per soldi ad un livello di accettazione sociale, serve tempo, maturità della popolazione, responsabilità dei gestori e leggi ben congegnate. Il riordino del gioco pubblico deve necessariamente passare sotto le Forche Caudine di una nuova legge seria e funzionale come ne esistono nei Paesi dell’UE. L’attuale Governo in scadenza non ha tempo da dedicare alla formulazione di una legge di stampo europeo che solo i futuri Governi potranno redigere.
Massimo Ranalli
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