Francesco Gatti contro la demagogia. Vietare non serve a niente
L’Ing. Gatti teme un ritorno al passato perché vietare il gioco non diminuirà la domanda.
La legalizzazione di un comparto che ha assicurato allo Stato eccellenti entrate fiscali è stata certamente una mossa intelligente, ma dal tempo dell’emanazione della legge nel 2003 ritocchi e ritocchini hanno compromesso lo sviluppo del settore che, da semplice artigianato, s’è evoluto a comparto industriale. A fronte di un percorso di crescita professionale però il comparto del gioco italiano ha dovuto confrontarsi con la crescente opposizione di forze politiche e sociali che – afferma l’Ing. Gatti – “hanno cavalcato l’onda demagogica della strenua difesa del cittadino, mentre il gioco legale ha fatto emergere una enorme mole di denaro che sfuggiva precedentemente allo Stato”.
Il paradosso del gioco legale fagocitato da interessi divergenti
Se esiste un paradosso del gioco legale italiano non può essere individuato nelle perdite che può infliggere ai cittadini, ma certamente il fatto – afferma Gatti – “viene criminalizzato attraverso una compagna che appare in difesa dei cittadini, ma in realtà è guidata da interessi divergenti”.
L’impasse è pesante perché gli interessi in campo contraddicono lo scopo per cui venne regolarizzato il gioco e che ora da più parti si chiede di vietare, ma –“vietare il gioco legale non comporterebbe la riduzione della domanda da parte del pubblico” – afferma l’Ing. Gatti, anzi andrebbe ad alimentare il gioco illegale. E, nel caos più profondo, l’Ingegnere si domanda – “criminalizzare la vita produttiva di questo comparto non serve a nulla se non a riportarlo indietro di due decenni, perciò sorge la domanda se abbia davvero senso procedere nella direzione della professionalizzazione che oggi non interessa più a nessuno?”.
Poi Gatti affonda le sue osservazioni fino agli effetti deleteri causati dalla burocrazia, dal sistema di recupero dei ludopatici e dai soldi messi a disposizione di istituzioni che operano nel campo psico-medico ai quali dice: “Non me ne vogliano i vari psicologi, ma non li ritengo capaci di aiutare nessuno, figuriamo poi in questo ambito”. In quanto ai divieti proposti con la scusante della Salute Pubblica, che non porteranno ad alcun successo, come abbiamo più volte ripetuto, se si pensa che vietare comporta l’azzeramento delle dipendenze, andrebbe subito vietato l’alcol, il fumo, l’inquinamento dell’aria, l’eccesso di alimentazione e, cosi via dicendo, fino alle Droghe che invece vengono liberalizzate. Forse anche ai difensori di interessi divergenti, come li chiama l’Ing. Gatti, andrebbe ricordato che tra le varie tutele che lo Stato dovrebbe necessariamente praticare nei confronti dei cittadini andrebbe considerato che anche il valore delle imprese che producono pubblica utilità deve essere tenuto in considerazione senza ricorrere ad artifici linguistici come la Salute Pubblica, un termine generico che nel sentire del cittadino ha ben poca rilevanza, perché negli ultimi 30 anni il sistema salute è stato progressivamente smantellato come istituzione. Quando il gioco illegale avrà completamente sostituito il gioco legale, forse allora i “capiscetti” e i fautori del “No” assoluto sempre e comunque avranno l’idea di difendersi, esattamente come quelli che, dopo aver votato in Parlamento, oggi affermano di non esserne responsabili.
Ogni individuo dovrebbe gestire la sua vita con responsabilità in ogni fase e occasione, allo Stato è fatto obbligo di informare, controllare e di emanare leggi a tutela del diritto, ma non possiamo chiedergli di farsi carico dei comportamenti eccessivi di ognuno di noi.
Ringraziamo Francesco Gatti del suo contributo.
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