In Emilia Romagna i Comuni non hanno ancora i luoghi dove esercitare il gioco

In Emilia Romagna i Comuni non hanno  ancora i luoghi dove esercitare il gioco

In mancanza delle mappature dei luoghi dove è consentito installare i giochi, gli operatori rischiano la chiusura delle sale.

Sappiamo che la legge regionale emiliano-romagnola ha stabilito la chiusura di sale giochi, sale delle scommesse e delle VLT se ubicate entro 500 metri dai luoghi sensibili, ma lascia ai gestori la possibilità di trasferire le sale, entro 6 mesi, nelle cosiddette “Zone Franche”. Sorvoliamo sul principio costituzionale che sancisce la libertà d’impresa e di quanto ha stabilito la Conferenza Unificata Stato-Regioni a tutela degli investimenti effettuati dagli imprenditori che pur meriterebbero una analisi approfondita, e passiamo al compito dei Comuni che avrebbero dovuto mappare il loro territorio e indicare quali sono i luoghi sensibili e le rispettive distanze, che per l’80% non hanno ancora eseguito.

Le Zone Franche sono poche e non disponibili

 Il territorio della Regione, dato l’alto tasso turistico- industriale, lascia pochi spazi all’uso di ambienti dedicati al gioco e comunque servirà una trattativa tra le compagnie che devono delocalizzare e i proprietari delle aree richieste. Esiste quindi un alto rischio di chiusura delle aziende senza nemmeno poter chiedere il risarcimento. Se la normativa venisse applicata severamente si tratterebbe dunque di una forma di esproprio senza indennizzo se non, addirittura, dell’espulsione dal mercato del gioco regolarmente autorizzato dallo Stato. Ovviamente lo stato confusionale in cui versano le amministrazioni locali ha indotto i Comuni ad adottare diversi tipi di iniziative per evitare eventuali contenziosi sperando che il Legislatore Nazionale si occupi della questione. Alcuni Comuni hanno addirittura sospeso l’efficacia della Delibera della Giunta Regionale in attesa del verdetto del Tar, altri hanno chiesto chiarimenti alla Regione, mentre altri ancora hanno lasciato un termine di 6 mesi per effettuare lo spostamento dell’azienda. Detto con altre parole i Comuni, più che agire, hanno invitato gli operatori a trovare una soluzione a problemi che non possono risolvere da soli e comunque la chiusura delle aziende dovrebbe essere eseguita dalla locale Questura che ha rilasciato le licenze.

La posizione dei Comuni destabilizza gli equilibri

 Se le Questure dovessero intervenire nel procedimento di chiusura, è chiaro che contraddirebbero la loro autorizzazione che hanno rilasciato a fronte dei requisiti di legge presentati dalle aziende, e la Amministrazioni Locali non vogliono essere coinvolte in azioni risarcitorie che indubbiamente pioverebbero su di loro, senza dire della mancanza del gettito erariale. Nel caos più profondo si inserisce anche la riduzione dei posti di lavoro e la sfiducia dei cittadini operatori che hanno riposto massima fiducia nei loro confronti ed hanno investito ingenti somme per realizzare le imprese. Intanto i SERT locali continuano a pubblicare i dati dei pazienti che necessitano di cure perché malati di ludopatia, ma pochi credono alla vera entità del fenomeno. Insomma l’Emilia Romagna ha di fronte due alternative: o interviene in proprio e ricucire lo strappo che ha provocato nel tessuto delle comunità trovando un compromesso praticabile con le imprese, oppure rivolgersi al Governo Nazionale per chiedere una approfondita analisi e trovare una soluzione per il gaming a livello nazionale. Ma un intervento dell’attuale Governo presenta più incertezze di quante ce ne sono. Vedremo come finirà la Telenovela del gioco con premi per soldi inventato dallo Stato

 

Massimo Ranalli

 

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