Dipendenze e illusioni dietro l’atteggiamento dell’individuo del 21mo secolo

Dipendenze e illusioni  dietro l’atteggiamento dell’individuo del 21mo secolo

L’Homo Sapiens del 21mo secolo sembra aver perso la sua “sapienza” e si lascia guidare dalle mode del momento quando non assume sostanze per  surrogare  la realtà giornaliera.

 

Durante l’ultima guerra mondiale, e anche anni dopo, molti cittadini italiani tostavano le ghiande che poi utilizzavano come surrogato del caffè che non si trovava nel mercato se non tramite il commercio della Borsa Nera. Tempi passati, potremmo dire, ora che il benessere ha pervaso la nostra società, ma il benessere materiale non sembra soddisfare l’essere umano che è sempre alla ricerca di qualcosa in più che lo renda diverso, speciale, per colmare il vuoto che l’affligge nell’anima..

Moda, shopping compulsivo, droga, gioco, tutte facce della stessa medaglia

Il male oscuro che affligge le società industriali e post-industriali che hanno perso la bussola dei valori della vita induce l’uomo moderno a dribblare la realtà assumendo comportamenti eccessivi e dannosi per le sue tasche, ancorché per la sua stessa salute.

Sappiamo bene che un paio di Jeans, che generalmente viene venduto a 12 euro, non costituisce motivo di felicità, né rende giustizia a “l’Io assoluto” di chi li indossa e che, seguendo la moda dei “Jeans lisi”, ne acquista un paio che costano 150 euro. Allora si che è a suo agio surrogando il piacere di un nuovo pantalone col desiderio di essere felice, salvo poi ricadere nella depressione che tenta di sopraffare acquistando ogni articolo che gli capita sotto mano, tanto si vive poco e i soldi non valgono niente. Un mediocre cittadino, come chi scrive, crede invece che i soldi siano valutabili con l’impegno che dedica al lavoro per portarsi a casa un misero stipendio.

I Soldi guadagnati onestamente hanno un grande valore etico e morale.

Tra le dipendenze che, con l’inizio del nuovo secolo, stanno imperversando tra le nuove generazioni, incluse quelle negli Anta, risultavano dieci anni fa le droghe leggere, qualche spinnello, che “non fa male a nessuno”, e poi man mano l’Eroina-Cocaina, i cui effetti malefici  si protraggono fino alla società a riprova che  non sono bastati i surrogati della felicità a tranquillizzare la voglia di Apparire invece di Essere nell’Homo, diventato, Insapiens.

Il gaming fonte di felicità nel nuovo Millennio?

Il nuovo Millennio è cominciato male per i Governi alle prese con montagne di debiti pregressi e accumulati per spese insensate che non hanno assicurato né lavoro, né sicurezza ai cittadini. Nè dopo due tremende guerre mondiali  e la scomparsa di crudeli dittature dal Continente Europeo, è stata assicurata ai cittadini una  vita basata sulla giustizia e sul lavoro. Serviva quindi un surrogato del lavoro per fornire loro l’illusione di felicità  e, al tempo stesso, maggiori entrate fiscali alle casse tisiche degli Stati. La tecnologia è venuta loro in aiuto: “Se non è possibile aumentare le tasse, già altissime ai cittadini senza lavoro, pena la loro ribellione, ci deve pur essere un mezzo per mungere soldi e renderli contenti”- si sono detti gli illuminati politici schierati, anima e corpo, a favore di un capitalismo estremo che ha eretto a proprio Dio il “consumo”. La tecnologia moderna ha fatto il resto, cioè il miracolo di  rendere piacevole il gioco sotto ogni aspetto, sia grafico con le nitide immagini ad alta definizione, che  nei contenuti che ricopiano nei minimi particolari gli eventi resi famosi nelle trasmissioni televisive, nelle proiezioni cinematografiche e negli avvenimenti di attualità. Ai cittadini  ingenui  è piaciuta l’idea del consumo che crea illusioni  come surrogato della dura realtà giornaliera anche accettando qualche  spesuccia, che affrontano con piacere – perché tutto sommato, giocare diverte e ci si può  illudere di vincere, mentre pagare le bollette della luce, gas e quant’altro, non è affatto divertente e a portare qualche spicciolo in  Banca si rischia di pagare i debiti di quelli che hanno truffato miliardi e non che subiscono conseguenze penali.

Nell’era della globalizzazione dire gioco per soldi sembrava esprimere eccessivo antagonismo rispetto alle libertà promesse dalle Democrazie, perciò lo chiamarono “Gaming”, così chi non parlava inglese non sapeva di cosa si parlava mentre nello stesso tempo era stato creato il miglior surrogato della felicità, che l’Homo Insapiens potesse augurarsi.

Il Gaming per vivere una realtà virtuale

Oggi il gaming, soprattutto in Italia, ha mostrato tutto il suo potere emotivo/distrutivo nei confronti di cittadini alla ricerca di felicità e nell’intento di sperimentare almeno gli effetti di una realtà surrogata, mentre gli studiosi, le associazioni, gli psicologi si affannano nella ricerca di soluzioni capaci di porre  un argine al fenomeno  della dipendenza. Anche l’esecutivo Renzi sta tentando di mettere un freno al “disastro” creato dal gaming. Del gaming si occupa anche l’Antimafia, le Procure del Paese, i vari Coordinamenti dei Giocatori d’Azzardo e gli stessi Monopoli che l’hanno voluto, strutturato e ora tentano di gestirlo sotto l’aspetto tecnico con risultati poco incoraggianti perché nel gaming molti cittadini trovano rappresentate le sensazioni che la vita reale preclude loro.

 

L’eroismo, il sogno, i mondi esotici che mai vedranno, il riconoscimento del proprio Io.

 

Questo e molto di più regala il gaming ai cittadini con la sua realtà fittizia che nessun specialista della psiche umana potrà debitamente  mettere in risalto nelle sue valutazioni. Allora si direbbe che il gaming è sfuggito dalle mani degli esperti o che probabilmente gli esperti sono meno capaci di capire quanto è importante per l’individuo di oggi evadere da una realtà stagnante, odiosa, insensata  e trasferirsi nell’improbabile mondo della fantasia.

Perdere o vincere, possedere soldi o vivere nella precarietà materiale non è più tanto determinante  per le nuove generazioni. Basta vivere nuove e immaginarie esperienze, poi si vedrà!

Non vorrei intristire troppo quelli che leggeranno queste conclusioni, anzi li invito all’ottimismo perché il gaming, fortunatamente, non ha sostituito negli individui il vuoto abissale creato dalle droghe, ma attenzione a demonizzarlo perché l’Homo Insapiens ha bisogno di esso per convivere e digerire le nuove realtà che si infiltrano  nelle coscienze dei cittadini di un mondo reso sconosciuto dalla globalizzazione. Ci avviciniamo alla conclusione e parlando con chiarezza, piaccia o non piaccia, il gaming rientra nel trattato, firmato dall’Italia, che regola l’erogazione dei servizi esattamente come la sanità e altri servizi previsti dal diritto europeo e che non possono essere proibiti. La Comunità Europea, una volta emanato l’ordinamento, delega ai Governi dei singoli Paesi il compito di  convertirlo  in legge compatibilmente con la sensibilità, la mentalità e la cultura dei propri cittadini. Se ciò non è avvenuto oppure è stato fatto con superficialità, la colpa di chi è?

Ad ogni modo da una osservazione attenta si capisce che nel Pianeta Terra è in atto una progressiva mutazione della specie umana nelle attitudini giornaliere, nella filosofia  e in tutte le  forme fisiche e mentali. L’argomento “Gaming” non merita una comprensione pietosa o una condanna estrema, ma un approfondito studio della nuova psiche umana anche sotto l’aspetto antropologico, al termine del quale, in mancanza di esiti soddisfacenti, l’intera società deve riconoscere che il Gaming non è altro che la cartina di tornasole del consumismo imposto a noi tutti e non aiuta la causa a ricercare specifici colpevoli. Di conseguenza i  più agguerriti detrattori del gioco per soldi potranno sempre dichiararsi innocenti all’insorgere del fenomeno e cullarsi nei loro pregiudizi, ma i cittadini più ragionevoli che sperano ancora in una ragionevole soluzione del problema, dovranno  riconoscere  le proprie responsabilità o confortarsi con le parole di Bartali che, dopo una tappa andata male, diceva Gliè tutto da rifare”,  oppure rifarsi  all’antica  saggezza napoletana che in casi di dubbia colpevolezza o di difficile soluzione, molto prosaicamente, affermava ”Se O’ Mellone è scito bianco, Mo’ co’ chi ta’ Vo’ piglia’?”

 

 

Saluti da Massimo Ranalli

 

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