Lo Stato Centrale si arrende alle Regioni e il gioco legale resta nel limbo
Con la firma di un accordo preliminare tra Stato e tre Regioni poco prima delle elezioni il Governo ha ceduto la sua competenza ed ha abbandonato il gaming al suo destino.
Dopo anni di contrasti tra i Governi che hanno preceduto le ultime elezioni e Renzi che voleva ridimensionare i poteri delle Regioni, è alquanto curiosa la firma di questo improvviso accordo e fa pensare che il Governo uscente abbia voluto abdicare alla sua autonomia e competenza. Forse questa nostra ipotesi è speculare alla situazione che viveva il Governo, che sappiamo veniva da più parti osteggiato, e il crollo elettorale che poi ha dovuto incassare che ha sancito il dissenso esistente nella cittadinanza ma, stando strettamente ai fatti, è utile ricordare che la nostra Costituzione all’articolo 116 aveva lasciato a disposizione delle Regioni ben 20 competenze compresa quella di poter legiferare anche in merito al contrasto del gioco d’azzardo patologico. Certo la nostra bellissima Costituzione, come qualcuno afferma, una certa confusione tra le competenze dello Stato Centrale e Regioni l’ha mostrata perché non si capisce bene se viviamo in uno Stato Federale o Centrale in cui il compito di legiferare spetta al Parlamento.
Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna hanno chiesto le competenze, le altre seguono
Ora se la Costituzione fa confusione o meno, non spetta a noi deciderlo, magari se ne occuperanno illustri giuristi, ma se così è scritto è evidente che le Regioni ne hanno approfittato dopo che il Referendum popolare ha vanificato le ambizioni di Renzi e probabilmente il successore Gentiloni ha cercato di ricondurre il dialogo nei binari della ragionevolezza senza grande successo, nonostante in Lombardia il gaming abbia avuto una crescita di oltre 3 punti. Ora però che le elezioni politiche hanno dato una risposta inequivocabile all’operato del Governo e i cittadini hanno inflitto una dura punizione ai Partiti che lo hanno rappresentato, mentre il PD dal 40% delle elezioni Europee ha più che dimezzato i consensi, resta aperta la partita del gaming che va ben oltre le tre Regioni che hanno ufficialmente ottenuto l’autonomia decisionale sul gioco per soldi e altre si stanno accodando. La domanda che tutti si pongono è facilmente intuibile: “Il prossimo Governo terrà conto dell’accordo sottoscritto a Palazzo Chigi, oppure dovrà approvare una nuova legge”. Insomma tutto il lavoro svolto dall’On. Baretta comporterà il declamato riordino dei giochi, oppure ci si dovrà rimettere mano? Per il momento si continua con lo smantellamento del 30% delle Slot ma, quando tutte le Regioni avranno applicato la loro autonomia e stabilito proprie regole del gioco per soldi, avremo un’ Italia con 20 o più leggi regionali diverse oppure ricomincia tutto da capo? Il gioco italiano per soldi autorizzato dallo Stato, dopo anni vissuti nella totale confusione, ora con l’irrompere sulla scena dell’Autonomia e del nuovo Governo, è stato lasciato in balia del caso. L’unica ancora di salvezza per questo comparto dell’economia, che ha fornito decine di miliardi di euro alle casse dello Stato, potrebbe risiedere nel flusso delle entrate fiscali che il gaming produce, altrimenti le imprese grandi o piccole, operatori e costruttori, dovranno pensare a cambiare mestiere. La vicenda non può essere inquadrata né risolta richiamandosi alla moralità perché stiamo parlando di un’attività legale consentita dalla legge che è costata alle imprese decine di milioni di euro. Più che morale è una questione di buon senso e di rispetto della legge votata liberamente dal Parlamento.
Massimo Ranalli
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