L’M5S è chiamato all’applicazione pratica della Democrazia del popolo
Roberto Fico, chiamato a dirigere il Parlamento, dovrà sbrogliare la matassa del gioco italiano se vuole davvero instaurare un regime di Democrazia a misura di popolo.
Mentre scriviamo sono in corso le rituali schermaglie che dovrebbero portare alla formazione di un Governo stabile dopo che il 32% di italiani hanno espresso la loro preferenza al Movimento Cinque Stelle nella speranza che effettivamente il nostro popolo possa finalmente partecipare in modo diretto alle decisioni del Governo, se riusciranno a farne uno. Una analisi semplicistica indurrebbe a pensare che il numero dei voti ottenuti dal M5S non consentono di escluderlo dagli scranni governativi più alti soprattutto ora che l’On. Roberto Fico, ha già assunto la presidenza in Parlamento, cioè il luogo delegato per Costituzione a legiferare.
L’M5S teoricamente contro il gioco, ma la politica è elastica
Dopo una campagna elettorale all’insegna dei NO Slot, M5S compreso, il rischio di una recrudescenza della negazione del gioco per soldi resta alto, ma Fico e compagni non sono tanto spericolati come si sono voluti spacciare durante la lotta per il potere e, di fronte alle imminenti incombenze finanziarie dell’Italia, le ideologie dovrebbero passare in secondo piano o almeno dovrebbero subire una forte mitigazione quando si dovranno emanare nuove regole. Senza fare tanti giri di parole, i dirigenti del M5S dovranno obbligatoriamente mettere a punto una strategia di responsabilità per preservare allo Stato le entrate erariali che provengono dai giochi attraverso una mediazione tra le altre forze politiche e il Comparto del gioco legale che smuove oltre 100 miliardi di euro che non vanno a finire solo nelle tasche dei gestori, ma alimentano l’intera economia italiana. La politica oggigiorno va pensata in uno spazio globale e l’auspicata Democrazia Partecipata non può limitarsi a soddisfare gli indici nazionali, ma deve spaziare ben oltre e coinvolgere almeno l’area in cui operano direttamente le singole nazioni. L’eliminazione del settore dei giochi, alla quale hanno accennato durante la campagna elettorale, danneggerebbe le casse dello Stato e restituirebbe il gioco nelle mani dell’illegalità e soprattutto, loro sanno bene che il gaming è considerato un “Servizio” dalla stessa Comunità Europea, e quindi il tema va trattato con delicatezza e prudenza. Per governare un Paese non bastano gli slogan servono invece senso pratico, capacità organizzativa e intuizione politica per non andare a collidere con le tendenze generali di altre realtà politiche e quindi, se il modello di Democrazia Annunciata dai movimentisti deve essere davvero popolare, in ogni caso deve tenere nella dovuta considerazione anche l’industria e le aziende che gestiscono i giochi legali perché sono parte integrante del tessuto produttivo del Paese. I precedenti Governi che hanno voluto il gioco per soldi l’hanno autorizzato e affidato al controllo dei loro Concessionari per poi relegarlo nel Purgatorio dell’indifferenza se non addirittura negargli la loro paternità a solo scopo elettorale nel vano tentativo di mitigare gli effetti delle numerose proteste dei cittadini, per questo hanno pagato dazio e non crediamo che l’M5S si avventuri a cuor leggero nel ginepraio del gaming anzi, poiché non sono sciocchi e sempliciotti come molti pensano, dovrebbero mettere in pratica il loro spiccato spirito di comunità, partecipazione e libertà. La filiera dei giochi italiani richiede regole chiare che durino nel tempo come chiedono anche gli operatori esteri e i “grillini” dovranno farsene carico e chiarire anche quali sono in veri poteri che spettano alle Regioni perché la confusione che s’è creata attorno al gioco non riguarda solo ed esclusivamente la pratica del gaming ,ma anche il diritto dei cittadini di svolgere liberamente una attività legale. Altrimenti, che cavolo di Democrazia Partecipata sarebbe quella Grillina?
Massimo Ranalli
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